Il prezzo degli ebook

Ultimamente online si è accesso il dibattito sul prezzo degli ebook e mi sono ritrovata a riflettere come molti altri sul tema. Sono partita da una premessa: ritengo che gli ebook non dovrebbero essere gratuiti e sono convinta che sia giusto retribuire adeguatamente il lavoro della filiera editoriale per gli ebook esattamente come per i libri cartacei.

Proprio del prezzo degli ebook si parlerà anche in una sessione di LibrInnovando. Fra i relatori, oltre alla Prof.ssa Paola Dubini (la donna che mi ha appassionata all’editoria :)), ci sarà anche Chiara Lino (@Chiara_bab), che in questo articolo sul Post ha ripreso l’accesa discussione su Twitter con la casa editrice Neri Pozza (@NeriPozza) sul confronto fra il prezzo del cartaceo e dell’ebook di una novità Neri Pozza, stimolando uno scambio costruttivo e invitando alla trasparenza. Ma purtroppo non tutti hanno lo stesso approccio intelligente e curioso e il dibattito sembra sempre più, al meno a me, una guerra contro gli editori tradizionali.

Forse non solo a me :):

E dopo aver letto articoli, approfondimenti, dibattiti, scambi di tweet, post, e compilato questionari (l’ultimo in ordine di tempo di Pianataebook, qui i risultati), inizio a pensare che questa ‘lapidazione’ virtuale degli editori e dei loro prezzi troppo alti sia un po’ esagerata. In fondo, nessuno va a discutere le politiche di prezzo di Zara o Dolce & Gabbana, che propongono i loro prodotti con un mark-up esagerato. Se il prezzo dei loro jeans mi sta bene, li compro, altrimenti mi rivolgo ad un altro brand per acquistarne un altro paio. Lo stesso per i libri: se muoio dalla voglia di leggere l’ultimo libro del mio editore preferito, la mia willingness to pay sarà maggiore rispetto a quella per un libro di uno sconosciuto di cui mi incuriosisce solamente la quarta di copertina.

Poi è chiaro che una posizione del genere è un’esasperazione e che gli editori non possono non ascoltare i loro lettori, capire i loro bisogni per poter offrire il libro giusto al prezzo economicamente più sensato. Il che, però, può voler dire fissare un prezzo più alto rispetto alle aspettative della maggioranza dei possibili acquirenti, ma che garantisce comunque un volume di vendita tale da raggiungere il miglior risultato complessivo. Ovviamente il rischio di cui si fa carico l’editore è proprio prevedere il comportamento della domanda al variare del prezzo.

Tuttavia la tendenza è un’altra: abbassare i prezzi sempre di più. Ma non credo che sia una strategia sostenibile nel lungo periodo. Antonio Tombolini dimostra, numeri alla mano, che non lo è probabilmente nemmeno nel breve periodo (qui il post sul blog di Simplicissimus). E in un brillante articolo su Che Futuro, Silvia Vianello spiega perché da un punto di vista economico. In sintesi, le guerre all’ultimo ribasso erodono nel tempo il margine di profitto di tutte le aziende del settore e aumentano la sensibilità al prezzo dei clienti (con conseguente svalutazione del valore percepito del prodotto), che non saranno più disposti ad accettare ‘prezzi pieni’. Silvia Vianello fornisce diversi spunti di riflessione sulle possibili strategie di pricing e brevemente conclude con un consiglio che ben si adatta al mondo dell’editoria:

le aziende in tempo di crisi dovrebbero aumentare l’orientamento al cliente per la determinazione del prezzo, utilizzando strategie di customer value pricing che consentano di competere sul valore della propria offerta invece che sul prezzo.

Editori, puntate sul valore dei vostri ebook, non sul loro prezzo!

16 comments

  1. eFFe · ottobre 22, 2012

    Gabriele Alese, da buon filosofo analitico, dovrebbe smetterla di lanciare twit sarcastici o provocatori e utilizzare tutta la sua vasta intelligenza per dare uno sguardo a ciò che c’è fuori da sé e dalle 4 mura dell’azienda per cui lavora. E così dovrebbero fare tanti altri (generalmente gente molto fedele e molto obbediente), perché il muro contro muro tra editori e lettori equivale a un suicidio collettivo, equivale all’implosione di una rilevantissima fetta d’industria culturale. E questo non lo vuole nessuno.

    Se è vero che su Twitter si parla peggio degli editori che delle banche a me verrebbe da rispondere, nell’ordine:

    – get the fuck out of Twitter and get a life (in Inglese suona meglio! 😉
    – ti sei chiesto il perché?

    Perché le ipotesi sono due: o su Twitter esiste una congiura anti-editoria-italiana o forse la questione è più complessa, e richiede uno sforzo decisamente superiore a 140 caratteri. E come dici tu con tonnellate di ragione cara Silvia, il problema è quello di come si articola la percezione del valore di un libro. Di più: come si articola tale percezione in un contesto di riduzione dei consumi e concorrenza spietata nell’economia dell’attenzione.

    A Librinnovando, nel panel sui librai, parleremo anche di questo! Ci si vede lì!

    • pantofoladigitale · ottobre 23, 2012

      Grazie mille per il tuo commento, eFFe!
      Beh, non resta che vedersi a LibrInnovando e approfondire il tema come merita 🙂
      Ci vediamo il 16 novembre a Milano!

    • cristiano abbadessa · ottobre 25, 2012

      Provo, da piccolo editore, a fare un noioso ma necessario esempio di trasparenza sul prezzo degli e-book. Partendo, ovvio, dal presupposto che il prezzo del libro cartaceo sia “giusto”, perché altrimenti spostiamo la discussione su un altro piano.
      Se vendo un nostro romanzo cartaceo a 10 euro ho:
      5,50 euro che vanno alla catena distributiva;
      0,40 euro da pagare di Iva;
      1,30 euro (in media) di costo industriale;
      2,80 euro che restano da dividere tra autore e editore.
      Se vendo lo stesso romanzo in e-book a 10 euro ho:
      3,50 euro che vanno alle piattaforme distributive;
      2,10 euro (per ora) da pagare di Iva;
      3,40 euro da dividere tra autore e editore (facendo 0 il costo di trasformazione grafica del libro, che 0 non è ma è comunque poco rilevante).
      Come si vede, causa Iva, la differenza non è molta. Diciamo che anziché a 10 potrei vendere il digitale a 9, ma non meno. Invece, al piccolo editore che pubblica un romanzo cartaceo con prezzo 10 euro viene chiesto di non vendere l’e-book a più di 6-7 euro, di fatto rimettendoci.
      Ovviamente (ma credo sia un aspetto che a molti sfugge) edizione cartacea e digitale dovrebbero in egual misura contribuire al pagamento dei costi di redazione e grafica, di struttura e al versamento dei diritti agli autori, perché questi costi non sono dipendenti dalla scelta di pubblicare il libro nell’una o nell’altra modalità.
      Il discorso vale per il tipo di libri che pubblica la nostra casa editrice, cioè solo narrativa. Sono invece d’accordo con gli interventi che seguono sul fatto che un e-book ha senso soprattutto (forse soltanto) se pensato e realizzato per offrire qualcosa di più e di diverso dall’edizione cartacea. Quindi, per pubblicazioni appositamente pensate per quel tipo di applicazione. Per i romanzi, temo che non ne valga la pena per nessuno (e credo li si metta in digitale più per visibilità che per altro).

      • pantofoladigitale · ottobre 25, 2012

        Grazie per la tua risposta, Cristiano!
        Credo proprio che sia importante far trasparenza, perché i lettori capiscano che per fare un epub non basta un clic e un ebook ben fatto ha un valore, oltre che per il suo contenuto, anche per i costi di produzione.

      • abcdeeffe · ottobre 25, 2012

        @Cristiano, i tuoi dati sono utili, ti ringrazio per averli condivisi. Ma per quanto ne so io non sono precisissimi. Due riflessioni:
        1) non stai considerando le economie di scala: dopo un tot di copie vendute del cartaceo, i costi industriali sono coperti, quindi la quota che rimane all’editore (sul tuo esempio) è di 2,80+1,30=4,10. Ammesso, certo, che il libro si venda…
        2) Il pagamento dell’Iva non è esattamente su ogni copia venduta, per il meccanismo della forfetizzazione della resa: l’editore cioè, alla consegna dei libri al rivenditore, dichiara un numero di copie e la base imponibile si calcola su quel numero meno il 70%. Cioè se stampi e vendi mille copie a 10€, paghi 0,40x(1000-70%) cioè 0,40×300. In soldoni l’iva si paga sul 30% di quanto va in distribuzione.

        O per farla breve, i margini degli editori non sono poi risicatissimi e aumentano com’è è ovvio con l’aumentare delle vendite. Se poi il libro non vende il discorso cambia, si capisce. Ma qua parlo di numeri, non di qualità letteraria.

        Nel caso degli ebook, come altri hanno rilevato, si tratta nel 99% dei casi della trasposizione in digitali di testi nati in cartaceo. Questo significa che i costi industriali sono già coperti – certo, talvolta ci sono i costi di conversione, laddove in casa editrice nessuno sappia fare un epub, ma anche quelli non sono enormi, mediamente da 0,50€ a cartella, a scendere. Convertire un romanzo di 200 pagine costa 100 euro, una tantum. I costi di distribuzione variano in relazione alla piattaforma, che io sappia: Apple prende il 30%, altri meno.

        Quello che mi fa riflettere è la tua affermazione “Ovviamente (ma credo sia un aspetto che a molti sfugge) edizione cartacea e digitale dovrebbero in egual misura contribuire al pagamento dei costi di redazione e grafica, di struttura e al versamento dei diritti agli autori, perché questi costi non sono dipendenti dalla scelta di pubblicare il libro nell’una o nell’altra modalità”. Ecco, qui non so se sono d’accordo. Dico sul serio, davvero non lo so. Da una parte vedo editori digitali nativi che mantenendo alta la qualità dei loro libri riescono a strutturare un modello di business che paghi tutti i costi che menzioni: dobbiamo allora dire che sono editori più bravi? Dall’altra, convinto come sono che quello che conti sia il contenuto e non il formato, e che un contenuto ben “lavorato” debba essere ben retribuito, non sono insensibile elle tue sollecitazioni.

        Se vieni a Librinnovando, avremo modo di parlarne! 🙂

      • cristiano abbadessa · ottobre 25, 2012

        Gli argomenti sarebbero davvero molti. Provo a essere sintetico.
        Sempre per trasparenza, le osservazioni 1) e 2) sono tecnicamente vere, ma purtroppo non ci riguardano, come non riguardano il 99% dei piccoli editori: spesso le vendite bastano appena a coprire il solo costo industriale, se va bene! E non è una questione di qualità letteraria (sono di parte, ma pregherei di credermi, e comunque potete sempre comprare un nostro titolo per verifica), ma di mercato, distribuzione, promozione e tante altre cose che costerebbero ulteriori capitali.
        Mi sono forse spiegato male sul concetto finale, invece. Posto che, giustamente, non ho messo in conto all’eBook alcun costo industriale, resta vero invece che il costo del lavoro redazionale ecc ecc deve rientrare comunque la si giri (dove “egual misura” non vuol dire “in parti uguali, ma vuol dire che ogni tipo di vendita deve lasciare un margine di ricavo, non dico guadagno, all’editore). Proprio l’esempio dei “nativi digitali” mi suggerisce che stiamo forse dicendo la stessa cosa: il nativo digitale trae per forza di cose le risorse per stare in piedi dalla vendita degli eBook; sembra che a volte si chieda all’editore anche cartaceo di non avere alcun ricavo dalla vendita nel digitale.
        Solo un piccolo, orgoglioso, appunto: noi di lavoro redazionale ne facciamo davvero tanto. Vorrei essere certo che parliamo di editori che hanno la stessa cura e che investono altrettanto in lavoro. Perché ogni giorno prendo in mano libri (di editori celebrati) che mi suggeriscono il contrario. Ma questa (forse) è un’altra storia.

  2. Alberto Pettarin · ottobre 23, 2012

    Faccio notare che la questione “prezzo” e’ malposta, nel senso tecnico di “mal definita”.

    Prezzo per cosa?

    Un eBook che e’ la mera trasposizione in formato EPUB o MOBI o VATTEALLAPESCATE del pBook?
    O stiamo parlando di un eBook tecnicamente “ben fatto”, con la TOC, i link, le note cliccabili, gli elementi multimediali, (magari DRM free), ecc.?

    Mi stupisco di come pochi abbiano il coraggio di sostenere che un eBook puo’ anche costare piu’ del pBook “di partenza”, a patto che offra veramente qualcosa in piu’ del pBook. Per quello che mediamente propone il mercato, non mi stupisco che il pubblico desideri il 70% di sconto rispetto al cartaceo: per certi “eBook” io non darei nemmeno il 10% del prezzo di copertina…

    Ci vediamo a LibrInnovando!

    • pantofoladigitale · ottobre 23, 2012

      Grazie della precisazione Alberto!
      Io quando compro un libro di carta mi aspetto che le pagine siano ordinate correttamente, che le note siano in apice, che la rilegatura sia sufficientemente solida, ecc. Analogamente da un ebook mi aspetto che sia un file epub o mobi tecnicamente funzionante, testato, che non presenti alcun problema di visualizzazione su nessun device/app, con link a note, TOC, ecc. Per fortuna ne ho trovati molti così (e in quest recente post parlo del piacere di leggere un ebook impeccabile).
      Purtroppo, però, nella realtà troppi ebook in circolazione sono pieni degli errori più disparati (ne ho anche parlato in un altro post) e al di là del prezzo questo riduce ulteriormente il valore percepito dell’oggetto ebook… A maggior ragione quindi spero che gli editori capiscano l’importanza di lavorare sul valore dell’ebook quale medium di contenuti che a loro volta devono avere un proprio valore.
      Ci vediamo a LibrInnovando allora!

  3. maruclaire · ottobre 23, 2012

    La questione del prezzo di un eBook è decisamente spinosa. Come lettrice, non mi sento disposta (e lo dico sinceramente, ma senza polemica) a pagare un eBook come un cartaceo, o anche di più come ipotizzava Alberto Pettarin. Questo semplicemente perché se devo spendere dai 10€ ai 25€ preferisco avere una copia fisica di qualcosa che durerà in eterno, che posso usare sempre e anche, perché no, prestare a un amico. Qualcosa di cui posso testare la qualità immediatamente e che mi dia sensazione di un qualcosa per cui l’editore ha lavorato con perizia. Gli eBook, si sa, attualmente presentano molte restrizioni: con o senza DRM, non sarebbe legale farne una copia per me stessa o da prestare a un amico (dovrei dunque prestargli il mio eReader?). Inoltre, a volte i formati e la qualità della trasposizione sono veramente scadenti e, allora, ti arrabbi anche solo per averlo pagato 1€.

    Posso capire le difficoltà economiche di questo settore e anche che le gare al ribasso possano danneggiarlo, tuttavia penso che ci sia ancora molto lavoro da fare, anche a livello di valorizzazione del prodotto e pubblicità da parte degli editori stessi, per quanto riguarda gli eBook.

    Un saluto!

    • pantofoladigitale · ottobre 23, 2012

      Grazie della tua riflessione da lettrice!
      Credo che non si possano mai far generalizzazioni, dietro ogni scelta d’acquisto ci sono sempre motivazioni e gusti personali.
      In linea di principio, non pagherei un ebook di più della sua versione stampata nel caso di un romanzo. Ma penso che un saggio, arricchito con contenuti extra, che non possono essere replicati su carta, e che viene costantemente aggiornato dall’editore (O’Reilly per esempio lo fa e avvisa i lettori degli aggiornamenti), potrebbe avere un valore maggiore e quindi, forse, un prezzo se non maggiore almeno pari.
      Insomma, le possibilità sono infinite, l’importante è lavorare su prodotti di qualità, perché la qualità paga! E ovviamente saper trasmettere ai lettori (o possibili lettori) il valore di un’opera.

    • Alberto Pettarin · ottobre 23, 2012

      “Come lettrice, non mi sento disposta (e lo dico sinceramente, ma senza polemica) a pagare un eBook come un cartaceo, o anche di più come ipotizzava Alberto Pettarin. Questo semplicemente perché se devo spendere dai 10€ ai 25€ preferisco avere una copia fisica di qualcosa che durerà in eterno, che posso usare sempre e anche, perché no, prestare a un amico. ”

      Opinione personale: rispettabile ma non molto oggettiva.

      Prima obbiezione: se sto leggendo un saggio (ma, perche’ no?, anche un romanzo) e l’eBook ha degli strati di contenuti supplementari, perche’ non ha senso — in astratto — pagarlo piu’ del pBook che quelle “funzionalita’” aggiuntive non ha? Non e’ forse lo stesso criterio con cui uno sceglie un’edizione critica invece di un tascabile economico dello stesso testo?

      Seconda obbiezione: la conservabilita’ nel tempo. Se uno compra eBook senza DRM, in formati aperti e ha una politica di backup ragionevole, la probabilita’ che l’eBook sopravviva al pBook e’ assai alta.

      Terza obbiezione: il prestito. Ci sono store che non applicano dei ToS capestro, e consentono il prestito dei propri eBook.

      • Alberto Pettarin · ottobre 23, 2012

        Correggo: “strati di contenuti supplementari” => “strati di fruizione supplementari”

      • maruclaire · ottobre 23, 2012

        Riguardo la tua prima obiezione, in realtà sono d’accordo con il tuo punto di vista. Forse mi sono spiegata male, ma io attualmente non pagherei un eBook più di un cartaceo perché non ho trovato nessuna “funzionalità” aggiuntiva. Sarò sfortunata io o magari non sono andata a cercare i testi giusti, tuttavia concordo con il fatto che, SE ci sono funzionalità aggiuntive e di qualità, il prezzo possa anche salire. Ripeto, forse mi ero spiegata male!

        La conservabilità nel tempo trovo che sia relativa, ma forse è solo un mio punto di vista. Mio nonno era un accanito lettore e ho ereditato da lui numerosi testi tra vecchi e addirittura antichi di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Forse ciò che mi preoccupa è quello che in concreto riusciamo a possedere e utilizzare con altri, cosa che con il digitale difficilmente facciamo. Mi rendo conto che non sia un argomento oggettivo e magari nemmeno moderno. A dirla tutta, io compro anche altre cose online che potrei benissimo soltanto possedere in digitale (leggasi videogiochi), ma se me lo vendono allo stesso prezzo senza darmi funzionalità aggiuntive continuo a preferire la copia fisica.

        Riguardo la terza obiezione: ci sono store. E non ci sono. Di principio è un concetto fastidioso, non credi? Sono disposta a pagare lo stesso prezzo cartaceo su quegli store, ma sugli altri no. Non posso, non mi sembra giusto. E chi lo decide questo prezzo? Sarebbe giusto vendere lo stesso libro a 15€ da una parte e a 5€ da un’altra? Si fanno ipotesi, naturalmente.
        Se penso di pagare il servizio di poter prestare il mio eBook, beh ok. Mi chiedo chi venga veramente penalizzato così, però. Questo lo dico con amarezza perché, spesso, chi viene penalizzato è proprio chi cerca di dare servizi aggiuntivi e di qualità, che promuovano un settore difficile come l’editoria, mentre invece si dovrebbe cercare degli standard che rendano al lettore la vita più facile, più intrigante e che lo invoglino ad avere solo ed esclusivamente eBook. Perché è fantastico e mi da tutto quel “in più” che prima non avevo, ma che oggi posso godermi.

        Ecco, quello che intendo io è che ancora questa sensazione non c’è, secondo me.

        Insomma,

    • Alberto Pettarin · ottobre 23, 2012

      “tuttavia penso che ci sia ancora molto lavoro da fare, anche a livello di valorizzazione del prodotto e pubblicità da parte degli editori stessi, per quanto riguarda gli eBook.”

      Su questo, invece, sono completamente d’accordo.

      • pantofoladigitale · ottobre 23, 2012

        In effetti tutte le volte che leggo un ebook mi trovo a pensare quanti “strati di fruizione supplementari” si potrebbero aggiungere!
        Un primo passo in questa direzione l’ha fatto Arturo Robertazzi con l’editore Aìsara per l’edizione digitale del romanzo ‘Zagreb’ (per approfondire). Ma credo che la scelta più azzeccata di eZagreb sia stata rendere i contenuti extra una possibilità e non una scelta obbligata, in modo tale che si possa godere di una lettura ‘senza fronzoli’ o di una lettura circostanziata, a seconda delle preferenze.

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